San Martino in Rio, 5 maggio 2010 Caro Direttore, sono stato democristiano a suo tempo, poi aderente PPI, poi votante UdC: non era certo un “orrore di destra” quello che mi prendeva nel leggere la vicenda di Sergio Ramelli, era “orrore” e basta. Un ragazzo di 18 anni, aderente al Fronte della Gioventù, che subisce di fatto un “processo politico” e viene “giustiziato” da un gruppo di studenti di medicina: gli fracassano il cranio e nemmeno finiscono il lavoro, visto che Ramelli muore dopo un mese e mezzo di agonia. Se Ramelli fosse stato massacrato dai compagni di scuola, nell’orrore si potevano ancora trovare delle motivazioni: un’azione di branco, un raptus omicida. Ma immaginare degli universitari che vengono appositamente per spaccare la testa a un ragazzo che nemmeno conoscono, al fine di “giustiziarlo”, lascia solo annichiliti. Guareschi descrisse bene quella categoria di persone, nelle quali l’ideologia spegne completamente la coscienza: “L’Esagerato era un senza Dio. […] non aveva incubi, non aveva rimorsi. Non c’era niente che potesse far perdere il sonno all’Esagerato: per lui, fra lo spaccare una testa o lo spaccare un sasso, esisteva una sola differenza: per spaccare un sasso occorreva un colpo più forte”. Pensavo che la vicenda di Sergio Ramelli sarebbe sempre rimasta occultata: che sorpresa quando l’ho vista descritta negli editoriali di Avvenire. Onore al merito del direttore. E onore al merito di Lucia Bellaspiga, che firma l’articolo e che si dimostra, come nel caso Englaro, una giornalista coraggiosa: una che racconta quelle verità che gli altri non vogliono raccontare. “La memoria cancella i mostri” dice il titolo dell’articolo. Vero. La memoria va coltivata con cura, affinché i colpevoli ritrovino la coscienza e possano accedere alla Misericordia. Un caro saluto Giovanni Lazzaretti
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