San Martino in Rio, 25 luglio 2009 Caro Direttore, la pagina di sabato 25 luglio sulle adozioni ai gay contiene una serie di errori. Innanzitutto i titoli sono entrambi forzati. Titolo dell’articolo: “I figli dei gay sono felici”. In realtà l’articolo dice solo che sviluppo della personalità, andamento scolastico e lavorativo, livello di aggressività e di depressione stanno nella media, secondo uno studio dell’università di Bamberga. Titolo dell’intervista alla dottoressa Parsi: “Genitori come gli altri ma in Italia sarà dura”. In realtà la dottoressa, prima di arrivare a un “perché no?” nell’ultimo paragrafo, pone una serie di problemi e di distinguo. Secondo errore: l’aver impostato buona parte della pagina su questioni legate alla “qualità” del rapporto tra il bambino e le persone che lo accudiscono. Ma la qualità del rapporto esula ovviamente da ogni capacità di controllo di una legge. Lo Stato può legiferare solo su cose oggettive, e l’unica cosa oggettiva è riconoscere il diritto naturale del bambino ad avere un padre maschio e una madre femmina. Terzo errore: aver dato una patente di scientificità al lavoro dell’Università di Bamberga. L’indagine infatti confronta la situazione dei bambini affidati a persone gay o lesbiche, con bambini affidati ad “altre forme familiari”. Ma questo confronto non ha alcun interesse. Interessa invece confrontare da una parte le “famiglie con genitori sposati e non ancora separati” e dall’altra parte le diverse forme di convivenza: i numeri in questo caso danno risultati inequivocabili a favore dei nuclei sposati e stabili. E poiché, come dice la dottoressa Parsi, bisogna agire nell’ottica del bambino, occorre scegliere per lui un padre maschio e una madre femmina, uniti da vincolo matrimoniale. “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.”: la nostra Costituzione vedeva lontano. Quarto errore: la strana affermazione della dottoressa Parsi secondo cui i gay si separano molto meno della media. Le statistiche dicono esattamente il contrario: i gay hanno tassi più alti di promiscuità, infedeltà e separazione. Probabilmente la dottoressa Parsi ha utilizzato, come “tasso di separazione” dei gay, le sole separazioni di quella esigua percentuale di gay che decidono di iscriversi a qualche registro di unioni civili. Mi fermo qui. Chiudo con un dubbio: su 2200 bambini che in Germania crescono all’interno di una convivenza gay registrata, il team dell’università di Bamberga ne ha esaminati 95 direttamente e 693 indirettamente, parlando coi conviventi gay. I parametri che hanno valutato sono quindi dedotti da queste interviste? Non da valutazioni esterne oggettive? Se è così, la scientificità va a zero. Cordiali saluti. Giovanni Lazzaretti
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