Home Lettere ai giornali e varie 2009-03-20 Dell'Arti - Papa e preservativi
2009-03-20 Dell'Arti - Papa e preservativi PDF Stampa E-mail
Scritto da Giovanni   
Lunedì 07 Dicembre 2009 17:53

San Martino in Rio, 20 marzo 2009


Gentilissimo Giorgio Dell’Arti,

ho letto il suo articolo “Il Papa, l’Africa e i preservativi”. Mi sembra che lei abbia mischiato tre questioni che, seppur collegate, vanno tenute chiaramente distinte.

Innanzitutto c’è la proposta cattolica sull’amore e sulla famiglia: innamorarsi, fidanzarsi, sposarsi, avere rapporti sessuali, usare eventualmente i metodi per il buon uso della fertilità (sia nel caso che i figli desiderati non vengano, sia nel caso che si debba differire la nascita di figli). E’ una proposta semplice e chiara: chi vuole, l’accoglie; chi non vuole, non l’accoglie. E’ ovvio che, come corollario, l’adesione alla proposta cattolica sconfiggerebbe l’AIDS nel giro di pochi anni (anche se la proposta cattolica sull’amore e sulla famiglia non è certo nata per contrastare l’AIDS).

Poi c’è la proposta concreta per il contenimento dell’AIDS. Il morbo può ridursi con una buona educazione nelle direzioni giuste: ridurre la promiscuità, essere fedeli, non considerare il sesso come un gioco, astenersi da ogni rapporto se si è sieropositivi.

Infine c’è il giudizio del Papa sulle attuali politiche di contenimento del morbo. Il Papa crede che la diffusione del preservativo sia inutile e dannosa. Per questioni morali? Per questioni morali e per questioni matematiche.

Vediamo le questioni matematiche. Qual è la percentuale di fallimento del preservativo? Risposta difficile: l’oggetto è variegato ed è in uso a una “utenza” ancora più variegata. Il sito www.anlaids.it parla di un 3% di fallimento, purché si seguano le 8 regole di utilizzo (gliele risparmio) e purché non si usino preservativi extra sottili, o scaduti, o fabbricati con prodotti naturali. Secondo il portale del Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna, su 100 donne che usano sempre il preservativo, da 6 a 12 risultano gravide entro un anno. Wikipedia parla di rottura dal 3% al 10% secondo lo spessore. E si potrebbe continuare.

Prendiamo in considerazione un giovane che fa sesso 2 volte la settimana, 100 in un anno. Poniamo sia un “bravo utente” che usa il preservativo di spessore giusto nel modo giusto. Prendiamo la percentuale di fallimento più bassa possibile (3%). La probabilità di fallimento del 3%, ripetuta 100 volte, dà una percentuale del 95,2%: in un anno abbiamo la quasi certezza (95,2%) che almeno una volta il “bravo utente” fallirà e quindi, se è sieropositivo, nel giro di un anno quasi certamente (95,2%) il suo sperma infetto verrà a contatto con una donna.

Ma quel 3% è una percentuale non realistica, che ho scelto solo come punto di partenza del ragionamento. Se i preservativi sono sottili o se salta qualche regola d’uso (facile se il giovane ha bevuto un po’ o ha preso qualche pastiglia), la percentuale di singolo fallimento arriva al 10% (donna a contatto col virus al 95,8% dopo 30 rapporti, 15 settimane). La percentuale di fallimento più condivisa è il 15% (donna a contatto col virus al 96,1% dopo 20 rapporti, 10 settimane).

Il preservativo differisce nel tempo la diffusione del virus, ma non ferma l’AIDS. Perché allora lo slogan “L'utilizzo dei profilattici può contrastare l’AIDS” ha così credito? Perché lo slogan trascura una premessa essenziale: “A parità di numero di rapporti e di numero di partners, l’utilizzo dei profilattici può contrastare l’AIDS”. La propaganda invita a usare il preservativo, e il preservativo porta con sé la sua percentuale di incidenti casuali non controllabili. In realtà si può combattere il contagio servendosi delle altre due variabili (numero rapporti e numero partners) che non dipendono dal caso, ma solo dall’intelligenza e dalla volontà.

Il calo di rapporti e di partners possono fermare l’AIDS, il preservativo non può. Castità e fedeltà fermano l’AIDS, il preservativo no. Questo è il fatto scientifico, e coincide casualmente con lo stile di vita della proposta cattolica. Il preservativo, inducendo le persone ad aumentare il numero di rapporti e di partners, addirittura espande il morbo invece di fermarlo.

Il mondo invita la Chiesa Cattolica a “sdoganare” il preservativo per contribuire a combattere l’AIDS. In realtà è la comunità politica che deve “sdoganare” castità e fedeltà, se davvero vuole vincere l’AIDS. L’Uganda ci ha provato con la politica ABC (Abstinence, Be faithful, Condom), con ottimi risultati: grazie alla A (astinenza) e alla B (essere fedeli) aveva ottenuto una riduzione dei contagi del 66%, mentre gli Stati che si affidano al C (Condom) ottengono solo di spendere soldi e di differire i contagi di qualche mese.

L’unico “beneficio” certo del profilattico è quello che ne ricavano le industrie farmaceutiche. E’ la solita storia: ogni violazione della legge naturale porta sempre un trasferimento di denaro dai poveri verso i ricchi.

Cordiali saluti.

Giovanni Lazzaretti

Quando faccio questi ragionamenti, nasce un’obiezione.

Prevengo l’obiezione col testo qui allegato.


L’obiezione

Caro Giovanni, gli studi di metanalisi che riguardano il preservativo nelle coppie discordi eterosessuali sono solo due: Pinkerton e Weller. Mentre il primo parla di una percentuale di rischio del 5% (Soc Sci. Med 44: 1303-1312, 1997), quello della Weller (soc Sci Med vol 36: 1635-1644 1993) parla di un fallimento del 30% (include l’uso reale e gli “incidenti di percorso”, che sono vita reale).

Le grandi agenzie (compresa la Parenthood Association) dicono che la sicurezza è verosimilmente paragonabile globalmente a quella contraccettiva (cioè attorno all’85%).

Gli studi sul materiale danno ragione alla Weller (Roland 1993 the barrier performance of latex rubber), ma anche qui, il problema è ben più complesso della sola analisi del materiale: che dire di tutti i contatti sessuali genito-mucosali che avvengono al di fuori della “protezione” da preservativo?

Leggendo la tua lettera tuttavia, non credo che il calcolo del rischio si possa fare come l’hai messo tu, altrimenti sarebbero quasi tutte infette le coppie discordi che usano il preservativo.

Il discorso è molto più complesso, e riguarda la presenza o assenza di terapia in corso e con quale farmaci (quindi se c’è o meno carica virale nei liquidi genitali) insomma, non si può generalizzare.

[…]


La replica

[…] sono tranquillo: il calcolo del contagio è quello che ho scritto.

Loro mi stanno propagandando il preservativo per frenare il contagio. Io ho preso la percentuale del 3% e certamente nessuno può indicare una percentuale più bassa. E' una percentuale "perfetta", già depurata di tutti gli eventi causati da errore umano, e quindi legata esclusivamente a un evento casuale non controllabile.

Bene: la percentuale è del 3%, l'evento è del tutto casuale, allora

PC = (1 - (1 - PF/100) ^ NR) * 100

dove PF = percentuale fallimento = 3; NR = numero rapporti previsti; PC = percentuale di contagio

Se poi, invece del 3%, siamo al 15% di fallimenti citato dalla Parenthood Association, con 20 rapporti siamo già al 96%. Se la percentuale di fallimento è il 30% citato dalla Weller, allora con 10 rapporti siamo subito al 97%.

...non credo che il calcolo del rischio si possa fare come l’hai messo tu, altrimenti sarebbero quasi tutte infette le coppie discordi che usano il preservativo: il discorso è molto più complesso, e riguarda la presenza assenza di terapia in corso e con quale farmaci (quindi se c’è o meno carica virale nei liquidi genitali)...

Hai perfettamente ragione, ma hai messo in campo altri elementi che non sono il preservativo: se ci affidiamo alla lotteria del preservativo, le percentuali sono quelle che ho detto. Se poi il malato è sotto cura, le percentuali di contagio calano ad opera delle cure e non del preservativo. (Ho usato volutamente il termine “lotteria”: la formula è la stessa se voglio sapere che probabilità ho di vincere almeno una volta giocando alcuni numeri secchi al lotto per tot estrazioni. Solo che in questo caso la “vincita” è il contagio.)

Perché l'AIDS imperversa in Africa, fino a far pensare a uno sterminio programmato, mentre è in veste attenuata qui da noi? Perché qui ci sono le cure, cure che avrebbero efficacia massima se abbinate all'astinenza e che calano la loro efficacia se unite all'uso del preservativo, perché, al contenimento del morbo ad opera delle cure, si unisce una percentuale di contagio causata dal preservativo.

Il preservativo contribuisce a propagare il morbo, non a frenarlo. Sembra che contribuisca a frenarlo per un motivo molto semplice: nella testa della gente il rapporto sessuale è ritenuta una cosa “inevitabile”, fuori dal controllo della volontà e della ragione. In questo senso “il mondo” ha ragione: se il rapporto sessuale è inevitabile, allora il preservativo contribuisce a differire il contagio di qualche mese (non certo a cancellarlo!). Ma se la parola “astinenza” venisse propagandata con coraggio dai politici (o almeno dagli uomini di Chiesa!), noi vedremmo una regressione rapida del morbo.

[…]

 
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