72 - Le due verità Stampa
Scritto da Giovanni   
Mercoledì 17 Marzo 2010 14:29

72 – Le due verità


16 marzo 2010

Ma allora ci accompagni anche stavolta.

Ti avevo mandato il volantino di Pagani tanto per provare lo scanner,

non pensavo che avresti iniziato a scrivere sulle regionali.

Con Pagani non sei stato un po’ troppo duro?

Ciao

Irma


San Martino in Rio, 16 marzo 2010

Cara Irma,

hai usato il verbo giusto, “accompagnare”: quello che scrivo non ti impone nulla, e hai visto che nel 2008 non abbiamo votato uguale (tu hai votato Ferrara e io ho votato UdC alla Camera, entrambi abbiamo votato UdC al Senato (1)).

La legge naturale universale funziona così: dice solo i “no”. Il “si” finale ognuno lo dirà secondo la sua sensibilità e le sue conoscenze. Certamente, dicendo una serie di “no”, possono capitare tre cose:

  • dopo i “no” possono ancora rimanere diverse scelte;

  • dopo i “no” potrebbe rimanere una sola scelta;

  • dopo i “no” potrebbero non rimanere scelte, ossia tutte le liste potrebbero essere bocciate.

Le elezioni regionali offrono molta varietà, chissà che non capitino tutte e tre le situazioni.

Sono stato troppo duro con Pagani? Sta’ certa che non ce l’ho con lui, ma la realtà è quella che ho descritto: che senso ha la discesa in campo di un cattolico all’interno del PD dell’Emilia – Romagna?

L’Emilia – Romagna è una regione con la maggioranza blindata da sempre. All’interno di questa blindatura c’è un governatore, Vasco Errani, che ha già fatto due mandati e farà certamente il terzo.

Governatore blindato in una regione blindata.

Se, durante la legislatura, ci fossero divergenze tra la volontà di Errani e quella di Beppe, secondo te quale volontà prevarrebbe? L’unica maniera per Pagani per far valere la propria volontà è… che la propria volontà coincida con la volontà di Errani.

In realtà una possibilità d’azione ci sarebbe, ma andrebbe esercitata prima di essere eletto.

Hanno messo Pagani in lista. Pagani si accerta che le liste siano sicure e definitive. E a questo punto inizia a fare campagna contro il PD. Il che non significa fare campagna per il PdL o per l’UdC, ma semplicemente utilizzare la campagna elettorale per dire agli elettori tutte le cose che nel PD non vanno bene. La risonanza di questa campagna a sorpresa sarebbe certa.

Cosa rischierebbe Pagani con questa linea di condotta? Rischierebbe di non essere eletto. Ma, se fosse eletto, vorrebbe dire che ha il mandato dagli elettori per fare il suo dovere di “cattolico rompiscatole” all’interno del Consiglio Regionale.

La campagna elettorale è l’unico momento dove Vasco Errani non può bloccare la volontà avversa di Pagani.

Qualcuno mi ha detto che questo ragionamento è fantasioso, non realizzabile nella pratica. Invece è ben praticabile: è sufficiente infatti che il candidato sfrutti le sue occasioni pubbliche (incontri, lettere a giornali, sito web, interviste) per dare testimonianza. Se c’è un pubblico dibattito, non è che il candidato dovrà attaccare il PD dall’inizio alla fine; dirà innanzitutto le cose belle che vuole fare in regione; poi attaccherà Errani sui “Dico alla bolognese”; poi aggiungerà che occorre più presenza pro-life negli ospedali; eccetera.

Fattibile, perfettamente fattibile. Basta volerlo.

Esiste una possibilità del genere, riguardo a Beppe Pagani? Purtroppo no. Alla prima occasione che ha avuto di rendere testimonianza alla verità, Pagani si è mostrato subito il classico “allineato”. (Dev’essere un’intervista al Giornale di Reggio, ho il testo, ma non ho il riferimento sottomano):

[…] A chi gli chiede come possa conciliare i suoi valori cristiani in un partito che ha appena votato i Dico regionali, fortemente criticati dal cardinal Caffarra, Pagani ha fatto appello alla “laicità, alla capacità di saper accogliere l’altro senza dogmatismi, alla verità che non ci appartiene” […]

  • Pagani è quindi un fedele servitore della linea Errani.

  • Pagani confonde la laicità col laicismo.

  • Pagani va in politica per “accogliere”, visto che la verità non gli appartiene.

E qui bisogna ripetere di nuovo:

  • è ovvio che la verità POLITICA non appartiene a nessuno; si va in politica per proporre, discutere, mediare, decidere; nessuno ha la certezza politica che sia utile o dannosa la costruzione di una strada, di un ponte, di un termovalorizzatore;

  • ma la verità ANTROPOLOGICA appartiene a tutti e deve essere nota a tutti, prima di entrare in politica; devo sapere la verità sull’uomo, prima di legiferare sull’uomo; se non conosco la verità sull’uomo, è meglio che mi ritiri nella mia camera a meditare.

In Emilia – Romagna, alla fine del 2009, è accaduto un caso da manuale:

  • la giunta Errani predispone un disegno di legge nel quale vengono posti sullo stesso piano singoli individui, famiglie e convivenze nell’accesso dei servizi pubblici locali;

  • il card. Caffarra invia un appello (lo riporto integralmente in fondo) nel quale invita giunta e consiglieri a bocciare la legge, perché “legge ingiusta”, ossia violatrice della legge naturale universale;

  • Errani procede ugualmente e la legge viene approvata poco prima di Natale;

  • Errani è quindi un politico che ignora la verità ANTROPOLOGICA, che invece dovrebbe conoscere, come ogni uomo di buona volontà;

  • se anche la ignorava, ha avuto la grazia di un ammonimento esplicito di Caffarra, una breve lezione di diritto naturale racchiusa in un foglio formato A4;

  • Pagani, che è nel seno della Chiesa Cattolica, questa verità ANTROPOLOGICA doveva ben saperla da prima, anche senza l’ammonimento di Caffarra.

Lo ripeto per l’ennesima volta (2), approvare una qualunque legge che assegna diritti a coppie che non si sono assunte i doveri matrimoniali

  • è una norma discriminatoria nei confronti degli sposi che si sono assunti tutti i doveri;

  • è una norma che danneggia oggettivamente la famiglia, società naturale fondata sul matrimonio;

  • è una norma che diseduca le nuove generazioni e toglie loro l’idea di famiglia dalla mente e dal cuore;

  • è una norma non laica, ma laicista, ossia è “legge ingiusta”, ossia è “legge violatrice della legge naturale universale”, ossia è “legge del dominio della maggioranza”, ossia è “legge di democrazia totalitaria”.

Ho messo tutte le varie espressioni che, seppure con sfumature, dicono la stessa cosa.

Il candidato cattolico Pagani ha il dovere di proporsi come futuro consigliere regionale che ammonisce Errani, che fa da pungolo continuo per la sua coscienza; invece si è mostrato da subito come candidato acquiescente e allineato. Pagani è la prima grande delusione delle regionali in Emilia – Romagna.

Emilia Romagna – Cuore dell’Italia che vogliamo”: dice così lo slogan di Errani.

L’Italia che lui vuole è quella “antidiscriminatoria”, che premia le non-famiglie a scapito delle famiglie.

E, di fronte a una cosa del genere, vuoi che non mi arrabbi con Pagani?

Buona notte

Giovanni


NOTE

  1. Vedere il testo n.53 – Vincitori e vinti.

  2. Vedere ad esempio i testi n.37 e n.38 su laicità e laicismo.


Appello

  • Al Signor Presidente della Giunta regionale della Regione Emilia – Romagna.

  • Ai Signori Assessori della Giunta Regionale della Regione Emilia – Romagna.

  • Ai Signori Consiglieri componenti del Consiglio Regionale della Regione Emilia – Romagna

Onorevoli Signori, è la mia coscienza e responsabilità di cittadino, di cristiano, e di vescovo che mi induce a rivolgervi questo appello. Come molti cittadini della nostra regione, ho letto il Progetto di legge di iniziativa della Giunta Regionale pubblicato sul Supplemento speciale del Bollettino Ufficiale [n° 274 – 11 novembre 2009]. Il comma 3 dell’art. 42 pone sullo stesso piano singoli individui, famiglie e convivenze nell’accesso dei servizi pubblici locali.

Già l’Osservatorio giuridico – legislativo della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna ha espresso con pacate e convincenti argomentazioni giuridiche l’inaccettabilità di questa equiparazione. Non intendo ripeterle. Desidero rivolgermi alla vostra coscienza di responsabili del bene comune su un altro piano. Nell’omelia pronunciata in S. Petronio il 4 ottobre u.s. dissi che chi non riconosce la soggettività incomparabile del matrimonio e della famiglia “ha già insidiato il patto di cittadinanza nelle sue clausole fondamentali”. E’ ciò che fareste, se quel comma fosse approvato: un attentato alle clausole fondamentali del patto di cittadinanza.

Non sto giudicando le vostre intenzioni: nessuno ha questo diritto. Ma l’introduzione di una norma giuridica nel nostro ordinamento regionale, è un fatto pubblico che veicola significati che vanno ben oltre le intenzioni di chi lo compie. L’approvazione eventuale avrebbe a lungo andare effetti devastanti sul nostro tessuto sociale. Il matrimonio e la famiglia fondata su di esso è l’istituto più importante per promuovere il bene comune della nostra regione. Dove sono erosi, la società è maggiormente esposta alle più gravi patologie sociali.

La prima erosione avviene quando si pongono atti che obbiettivamente possono far diminuire la stima soprattutto nella coscienza delle giovani generazioni, dell’istituto del matrimonio e della famiglia. E ciò accadrebbe se al matrimonio e alla famiglia, così come sono costituzionalmente riconosciuti, venissero pubblicamente equiparate convivenze di natura diversa. Vi prego di riflettere seriamente sulla responsabilità che vi assumereste approvando quella norma.

Parlare di discriminazione in caso di non approvazione non ha senso: se è ingiusto trattare in modo diverso gli uguali, è ugualmente ingiusto trattare in modo uguale i diversi. Non sto dando giudizi valutativi di carattere etico sulla diversità in questione. Sto parlando della logica intrinseca ad ogni ordinamento giuridico civile: la giustizia distributiva è governata dal principio di proporzionalità. Inoltre, coll’eventuale approvazione del comma suddetto obbiettivamente voi dareste un contributo alla credenza falsa e socialmente distruttiva che il matrimonio sia una mera “convenzione sociale” che può essere ridefinita ogni volta che così decida una maggioranza parlamentare.

Il matrimonio è una realtà oggettiva sussistente in una unione pubblica tra un uomo e una donna, il cui significato intrinseco è dato dalla sua capacità di generare, promuovere e proteggere la vita. Volete assumervi la responsabilità di porre un atto che per sua logica interna muove la nostra Regione verso una cultura che va estinguendo nel cuore delle giovani generazioni il desiderio di creare vere comunità famigliari?

Qualcuno potrebbe pensare che il comma in questione è una scelta di civiltà giuridica: estende la sfera dei diritti. Dato e non concesso che così fosse, ogni estensione dei diritti deve essere pensata nell’ambito del dovere fondamentale di difendere e promuovere il bene comune. Se così non fosse, si costruirebbe e favorirebbe una società di egoismi opposti. Credo di poter dire che nulla è più contrario alla nostra tradizione emiliano-romagnola, anche di governo, di questa visione della società.

Onorevoli Signori, come cittadino, cristiano e vescovo, rispetto la vostra autorità; so che siamo liberi in forza della sottomissione alle leggi; so che il vivere nella democrazia è stato anche nella nostra Regione frutto del sacrificio della vita di tante persone, sacerdoti compresi, la cui memoria deve essere custodita. Ma colla stessa forza e convinzione vi dico che vi possono essere leggi gravemente ingiuste, come sarebbe questo comma se venisse approvato, che non meritano di essere rispettate.

Sono troppo convinto del vostro senso dello Stato democratico per pensare che qualcuno di voi ricevendo questo appello, possa parlare di “indebita ingerenza clericale” nell’ambito pubblico, di grave vulnus alla laicità dello Stato. Laicità dello Stato significa che tutti, nessuno escluso, possono intervenire nella discussione pubblica in vista di una decisione – che è di vostra esclusiva competenza – riguardante il bene e l’interesse di tutti. La laicità non è un fatto escludente, ma includente.

Onorevoli Signori, vi chiedo di accogliere questo appello, di riflettere seriamente, prima di prendere una decisione che potrebbe a lungo termine risultare devastante per la nostra Regione. Dio vi giudicherà, anche chi non crede alla sua esistenza, se date a Cesare ciò che è di Dio stesso. Assicurandovi la preghiera quotidiana per il vostro alto ufficio, vi ringrazio fin da ora dell’attenzione che vorrete prestarmi.

Bologna, 1 Dicembre 2009

+ Carlo Card. Caffarra, Arcivescovo